Internet vs nonni

Da uomo d’intelligenza acuta e dalla battuta sempre pungente mio nonno Guerrino sapeva benissimo di possedere un nome che a noi nipoti non piaceva, così come forse non era mai piaciuto neanche a lui, e ci permetteva di chiamarlo più semplicemente nonno Guasti. Per la sua carnagione bruna e olivastra, che ho ereditato insieme alla precoce calvizie, nonno Marsilio invece era conosciuto in paese con il soprannome di Turchetto, e difficilmente, da bambino, ovunque andassi, sfuggivo a chi con una sola occhiata riusciva a risalire velocemente alla parentela. A nonna Rina piaceva spesso fermarsi a scambiare quattro chiacchiere con le mie amiche, che riempiva di complimenti, a volte esagerando un po’, forse nella mai abbandonata speranza che trovassi finalmente una fidanzata. L’ultima a salutarci, due anni fa, è stata nonna Giulia, per la quale ero stato sempre Alesandro, con una “s” sola: aveva mani d’oro in cucina e lavorava la maglia ai ferri con un’abilità e una velocità mai più viste altrove, tanto da corredare per decenni tutta la famiglia (1 marito, 4 figlie, 7 nipoti, ben 12 persone), ogni inverno, di calzette di lana per la notte che ancora oggi conservo. Parlare di nonni è una di quella operazioni che si tingono di immediata e inevitabile nostalgia, perché ti costringe a viaggiare a ritroso nel tempo, a ripescare nelle pieghe della memoria i luoghi e gli odori dell’infanzia che, smarriti quasi del tutto nel percorso della vita, rimangono solo a popolare i nostri ricordi e i nostri sogni di adulti. Li ho visti tutti, i miei nonni, cambiare a poco a poco sotto il mio sguardo, trasformarsi così da creature gigantesche che mi tenevano in braccio a esseri piccoli piccoli, sempre più affaticati dal peso degli anni ma con il sorriso inalterato, loro che nella mia fantasia consideravo invincibili, perché sopravvissuti a un mondo inimmaginabile, fatto di racconti e parole che suonavano terribili, come guerra, povertà, lutti. Ecco perchè non mi sorprende ma in parte mi rattrista il risultato a cui è giunta una recente indagine, citata dal magazine britannico Telegraph (http://www.telegraph.co.uk/technology/google/9899171/How-grandparents-are-being-replaced-by-Google.html) che sottolinea come, nell’era digitale e di internet, tre nonni su quattro siano stati praticamente “sostituiti” dalla rete. In sostanza, invece di ricorrere alla saggezza del familiare più anziano, le nuove generazioni, per qualsiasi consiglio, domanda, anche per un banale aiuto con i compiti di scuola, preferiscono affidarsi a Google o a Wikipedia; che, di sicuro, troveranno la risposta corretta più velocemente e senza bisogno di ripetere la domanda troppe volte per problemi di udito, ma che forse, tolgono alla ricerca quel valore umano chiamato esperienza di cui i nonni sono senza dubbio i detentori. Non so quale sia il vostro parere, se, come sempre, di tutta la vicenda, il sentimentale che talvolta prevale in me non riesce a cogliere il lato positivo. Fatto sta che i miei genitori, adesso nonni, hanno visto bene di munirsi di un tablet con cui al momento intrattengono mia nipote, forse per la paura di essere rimpiazzati, in futuro, da un insulso motore di ricerca.