Corde autunnali…

Michele ha poco più di quarant’anni, una buona percentuale di sangue partenopeo nelle vene, un’invidiabile cultura da autodidatta in filosofia e discipline orientali, quattro splendidi figli maschi dalla medesima corporatura sottile e longilinea e una compagna simpaticamente brontolona, da lui stesso talvolta ribattezzata Santippe, come la più nota moglie di Socrate. Per lavoro guida i mezzi pubblici, compreso il 28 che è un lungo mostro a due vetture snodabile nel centro, impossibile da manovrare con quella calma poi che a lui invece non sembra mai venir meno al volante neppure in mezzo al traffico più infernale, e quando capita che mi incroci per strada con il bus ecco che attacca a suonare il clacson in maniera insistente, affacciandosi contemporaneamente dal finestrino per urlarmi sempre qualcosa di cui negli istanti seguenti mi vergognerò tantissimo, una volta lì da solo sul marciapiede. Oppure, se riesco a beccarlo sulla linea che dal sovraffollato centro cittadino mi riaccompagna nella località piatta e semisperduta in cui vivo, rimango per tutto il viaggio in piedi accanto a lui, riempiendolo di chiacchiere in barba al divieto di non disturbare il conducente e agli sbuffi delle tante vecchiette timorose di saltare la propria fermata, stessa cosa che accade anche quando le nostre due dolci metà, colleghi di lavoro, nel passeggiare ci lasciano sempre una decina di metri indietro per aggiornarsi reciprocamente su vari gossip di persone a noi ignote, che loro riescono, non si sa come, ad individuare con semplici frasi del tipo “Hai saputo più niente di cosa, quella? Sì, brava, proprio lei!”. Proprio come l’altra sera quando, su di un Ponte Vecchio reso quasi impraticabile dalle decine di turisti che accerchiavano tutti esultanti un musicista di strada, Michele mi fa d’un tratto “Ah, mi sono iscritto in palestra ad un corso di grappling, hai presente?” “Certo che no!” “Conosci forse il jiu jitsu brasiliano, le MMA?” “Benissimo, guarda…ma no, di cosa diamine stiamo parlando?” “Vabbè, te la faccio semplice, è un tipo di lotta in cui devi costringere a terra l’avversario. La cosa interessante è che fa proprio per me, peccato averla scoperta un po’ tardi!”. Adesso, al di là della mia plateale ignoranza in materia sportiva, fermo restando che non esista un limite temporale per seguire o assecondare una nuova passione o lo sbocciare di nuovo interesse, è pur vero che nessuno è eterno e tra le infinite possibilità quotidianamente alla nostra portata qualcosa tocca pur scegliere, escludendo magari in questo modo altre centinaia di attività o ambiti in cui potremmo comunque riuscire o che forse sarebbero addirittura i più vicini alle nostre reali corde. Motivo per cui, complice l’incalzare dell’autunno e della necessità di un minimo di riordino esistenziale, ho stilato un breve elenco delle strade da me nel tempo in qualche modo sfiorate e poi ignorate o abbandonate del tutto per pigrizia, distrazione, vigliaccheria, e che sarebbe invece il caso di ripercorrere prima o poi, se non altro per aver avuto allora la lieve percezione di poterle tranquillamente intraprendere, anche con un certo grado di soddisfazione:

- imparare il portoghese, non dico alla perfezione, ma quel tanto che basterebbe a sostenere delle conversazioni comprensibili, perché potersi esprimere in altre lingue così come individuare punti di contatto con l’etimologia di tante parole l’ho sempre trovato esaltante e perché con Viviane, la mia amica brasiliana trasferitasi in Portogallo e conosciuta soltanto la scorsa estate ho intavolato, con il mio spagnolo scarso e qualche vago ricordo di latino, lunghe, pittoresche e talvolta improbabili chiacchierate.

- fare di nuovo un viaggio con mia sorella, circostanza che non accade da venti anni esatti, all’epoca cioè della foto ancora oggi ben visibile in casa dei miei e che ci ritrae abbracciati sotto l’Eretteo sull’acropoli di Atene, lei allora bionda (in realtà castana), io con ridicola capigliatura scolpita dal gel (e ho detto tutto), perché, tranne il mio amore che quando si trova con me in vacanza non si ferma un secondo neanche se inchiodato al suolo, è l’unica persona che riesca a rispettare e a sostenere le mie sfiancanti tabelle di marcia.

- tornare ad insegnare, anche se è un impegno foriero di incognite e di gigantesche e schiaccianti responsabilità, e anche se, probabilmente, in questa vita non vincerò mai il profondo disagio che mi suscita il sentirmi chiamare “profe”, perché un’ex-allieva incontrata per caso passeggiando per le vie di Trastevere nel venirmi incontro mi ha salutato amorevolmente come “quello a cui devo tutto”, esperienza senza dubbio tra le più gratificanti di tutta la mia intera esistenza.

- riprendere a scrivere con più assiduità, qui sopra o anche altrove, perché per quanto il lavoro e gli appuntamenti quotidiani mi prendano gran parte delle energie e degli spazi vitali, alla fine la scrittura è forse la sola realtà in cui riesca a sentirmi comodo, e perché il buio delle serate autunnali tornerà ad ingolfarmi di pensieri la testa che devo poi necessariamente alleggerire per iscritto. Con l’approvazione, spero, di chi ancora vorrà seguirmi.