Rischierò di apparire più maniacale di quanto non sia in realtà (oddio, se vi fosse già capitato di leggere qualcuno dei miei vecchi post credo sia tardi per poter rimediare a questa dannosissima impressione), ma, come vado ripetendo ormai ogni Dicembre dal 2012, anche stavolta ci tenevo a ricordarvi che, ad oggi, sono trascorsi esattamente tre anni dall’avventuroso, zoppicante e incredibilmente duraturo avvio di questo blog. Per la precisione poco più di 36 mesi (cifra che fa tanto etichetta di giocattoli provvisti di minuscole parti che potrebbero essere facilmente ingerite), o se preferite 1097 giorni (considerando l’assenza di un anno bisestile e le 48 ore di ritardo sulla scadenza puntuale del terzo anniversario); eviteri però di specificare i minuti, ma vi assicuro che mi basterebbe poco per poterli contare con esattezza, visto che ricordo ogni singolo istante relativo alla nascita di questo spazio virtuale catartico, modellato con urgenza al fine di placare, per mezzo della scrittura, la maggior parte delle mie inquietudini interiori. Anche se da allora mi sembra di aver davvero vissuto, proprio come uno di quei numerosi gattini che andate condividendo con incomparabile gioia (la vostra) su Facebook, sette diverse e schizofreniche esistenze. Perché in questo lasso di tempo sono arrivato a cambiare qualcosa come cinque differenti professioni e almeno otto luoghi di lavoro, trasferendomi o spostandomi di continuo fra tre, per fortuna splendide, città, cominciando soprattutto a detestare quella in cui avevo deciso di vivere per motivi sentimentali, ma che si è poi rivelata ai miei occhi particolarmente arida e poco stimolante. Prendendo, per sopravvivere, centinaia di treni, accumulando stress e ore di ritardo, perdendo il convoglio in partenza almeno una dozzina di volte (e maledicendo di corsa mezzi e/o personale), sbagliando in due occasioni binario, per ritrovarmi così a trascorrere un intero pomeriggio nella squallida stazione di Zagarolo (meta sconsigliabilissima), o un venerdì notte su e giù per l’Italia, in una triangolazione insensata fra Milano – Roma – Firenze, ad ubriacarmi con del pessimo vino rosso offerto da Trenitalia. Oppure percorrendo in auto, io che oltretutto detesto guidare, migliaia e migliaia di chilometri, tenendo a bada la solita ansia al volante con personali e strazianti performance di canzoni di Mina o Whitney Houston scelte come sottofondo e con il mio amore spesso a fianco, che puntualmente si addormenta dopo cinque minuti esatti dalla partenza per risvegliarsi a cinque minuti dall’arrivo, annunciati da un suo candido “Già arrivati?”.
Ho inoltre ripreso a insegnare, dopo una secca e credevo definitiva rinuncia, più di un ripensamento, un paio di offerte allettanti e, ad oggi, già circa duecento nuovi allievi, fra i 18 e gli 85 anni, nei cui singoli sguardi provo di continuo a scorgere il reale interesse, trovandovi talvolta anche la noia, perfino una diffidenza sottile, per fortuna anche autentica passione o, più di rado, una stima spropositata nei miei confronti. Ho ugualmente tentato di insegnare a mia nipote qualcosa di altrettanto fondamentale, riuscendoci solo in parte con le costellazioni che le mostro sul mappamondo luminoso tenuto in camera da letto, le sole e le stesse tra l’altro che ricordo sin da bambino perché imparate all’epoca da mio padre in certe piacevoli sere d’estate. Sono sceso a patti con il tempo che passa, trovando raffinata la scelta di mia madre di lasciarsi finalmente imbiancare tutti i capelli, accettando un po’ meno volentieri ogni mia nuova ruga avvistata allo specchio, sorprendendomi ad ogni “ma non sei cambiato affatto!” ripetuto da chi incontro dopo tempo, replicando “sai, una spruzzatina di botox ogni tanto” e pensando in realtà “starà fingendo o davvero non ha notato questa nuova graticola di solchi intorno agli occhi?”. Sono riuscito a ingrassare di ben 12 chili, per poi perderne a fatica 8 e sconsideratamente riprenderne altri 3, e adesso che si avvicinano le feste ho già stilato per il 2016 un nuovo programma di mantentimento/sport/rinunce che manderò di sicuro all’aria entro il 10 Gennaio. Ho aspettato decine di strabilianti tramonti sul mare pensando sempre che valesse la pena vivere solo per poter godere di uno spettacolo del genere e ugualmente invocato la morte ogni volta che mi sono trovato a risalire faticosamente da quelle lontanissime spiagge, a piedi, in mezzo al buio pesto, per aver fatto tardi a guardare il sole scendere. Ho scoperto, in una sorprendente serata lavorativa passata con dei divertenti ex colleghi, che riesco a guardare su YouTube i video sui vermi carnivori degli abissi, non trovandoli poi neppure creature così ripugnanti, almeno non come i rospi, che al contrario considero fra gli esseri più disgustosi, come ho appurato pochi mesi fa quando, fuori casa di mia sorella, ne ho scovato uno gigantesco e non sono riuscito a muovere un muscolo per alcuni minuti. Sono finalmente riuscito a liberarmi di molti oggetti inutili collezionati negli anni, attribuendo più valore al pensiero dei ricordi che non alle cianfrusaglie accumulate, assaporando con più gusto il presente senza dover ricorrere continuamente alla presenza fisica o agli indizi del passato, e ora che ci penso, ho perfino lasciato per due volte il mio indispensabile spazzolino da denti a casa degli stessi amici che spesso mi ospitano e che adesso sospettano una mia sotterranea volontà di trasferirmi da loro. Ho imparato soprattutto a convivere con il dolore per chi se n’è andato troppo presto, con la delusione per chi ha deciso di voler uscire dalla mia esistenza o comunque di ridimensionare, tralasciare, o troncare il rapporto che ci legava, perché per quanto sia penoso salutare le persone che vorresti continuassero a far parte della tua vita, non si può certo obbligarle a far coincidere il loro cammino con il tuo. Insomma, anche grazie a questo blog, mi riguardo con lucidità e mi riscopro diventato nel tempo più tollerante, maturo (oddio, più o meno) sereno (quello sì).
E già che ci sono, aggiungerei un’ultima, sincera, considerazione: ho quasi quaranta, spaventosi e bellissimi, anni. Gli ultimi tre dei quali, zeppi di scivoloni e tentennamenti, singolari disavventure e speranze concrete, mi sono ritrovato a narrare, forse con passione discontinua ma, spero, con la doverosa ironia, su questo strampalatissimo mezzo virtuale. E adesso come adesso, per nessuna ragione al mondo, vorrei tornare indietro, anche per un solo giorno, ai miei pur piacevoli, spesso allegramente dichiarati, eppure, oggi ai miei occhi così imperfetti e lontani, ventinove.