Non è stagione

Mina – E la chiamano estate – YouTube.

Lo ammetto, non aspetto altro tutto l’anno. Che le giornate finalmente si allunghino a dismisura, regalando al mio umore ballerino il beneficio di una luce solare estesa fino all’ora di cena, che la temperatura si alzi, così che possa liberare i miei piedi orrendi dalla costrizione di calzettoni e scarpe chiuse, che si faccia più concreta l’ipotesi di una vera vacanza, di quelle condite con tanto relax e soprattutto con tanto mare (perché da Giugno a Settembre non prendo in considerazione ipotesi alternative) ora che a dire il vero non ricordo neanche più l’ultima degna di tale nome che mi sono concesso in questa vita. Perché l’arrivo della bella stagione, per il blogger astrologicamente nato sotto la piena influenza del sole (segno zodiacale Leone, ma credo s’intuisca dal mio ego strabordante anche sul web) e cresciuto in una splendida meta di vacanza affacciata sul Tirreno, malinconicamente deserta d’inverno e troppo affollata in Agosto, risveglia d’improvviso milioni di piacevoli ricordi legati al periodo e carica di altrettante aspettative i mesi venturi. E’ sufficiente l’odore di una crema solare (buono come quello del Coppertone, con Jodie Foster bambina denudata dal cagnolino, però non ne ho più sentiti) o la freschezza di una brezza serale, come solo certi tramonti di Giugno sanno offrire, ed ecco che la mia mente ripesca da chissà dove le immagini della mia infanzia a scorazzare sulla sabbia, o inchiodato da ore su uno scoglio, all’epoca giudicato altissimo, con mio padre che aspetta inutilmente nell’acqua qualcosa che assomigli a un tuffo (mai stato un esempio di coraggio), della mia adolescenza trascorsa troppo in fretta sui motorini altrui, a tirar tardi con gli amici in piccole cale poco conosciute o difficilmente raggiungibili, tra l’ingombro di chitarre e zaini carichi di materassini e palloni. Per non parlare delle sere, meglio se all’aperto, a ballare incessantemente – perché adoro farlo, chi mi conosce sa quanto sia specializzato nell’aprire ovunque le danze o chiudere ad esempio i matrimoni a cui sono invitato con un tango con la mamma o la nonna della sposa – fino a che rimango solo in pista, sotto lo sguardo implorante del dee-jay che sembra chiedermi “bello, s’è fatto tardi, ma andarsene a casa?”. Poi però scatta il fatidico 21 Giugno, e com’è diventata ormai terribile consuetudine, gli impegni dell’età adulta e quei tre lavoretti che svolgo per mettere insieme uno stipendio mensile decente, m’inchiodano il primo week-end estivo in una città che ogni giorno detiene il record della più alta temperatura nazionale, che il venerdì alle 5 si svuota di facce italiche e si riempie di inchini giapponesi e infradito americane e che ti costringe a ricambiare le occhiate degli unici sfortunati rimasti con un’espressione di complicità che equivale a “mbeh, ce tocca!”. Anche il mio amore, professionalmente in possesso di qualche giorno di ferie in più di me, é partito per godersi un po’ di mare, pagando così lo scotto delle mie centinaia di telefonate e sms inutili del tipo “Che fai? Dove sei? Mi pensi?”, a cui temo finisca per rispondere prima o poi con un sonoro vaffa, mentre quei pochi premurosi amici ancora al lavoro si palleggiano la mia solitaria presenza e il mio muso lungo che non riescono a nascondere la voglia di essere altrove. Per farmi del male fino in fondo ho anche fatto l’errore di autoflagellarmi guardando su Facebook le foto dei miei contatti in costume, già abbronzati e naturalmente sorridenti sotto l’ombrellone, scegliendo come sottofondo il testo poco spensierato, per non dire struggente, della canzone che vi allego. Sgrunt. Ma sarà una bellissima estate. Tra poco. Ne sono convinto.