Pretty birthday!

Pretty Woman (1990) – Official Trailer – YouTube.

C’era una volta il 1990, pareva impossibile mancassero dieci anni a quel 2000 che in genere leggevamo solo nei titoli dei film di fantascienza, l’Italia si accontentava di un deludente terzo posto ai Mondiali di Calcio pure ospitati in patria, The Power degli, ormai scomparsi (dalla scena musicale intendo), Snap era il brano più ballato e ascoltato ovunque – ma ancora non si ricorreva a quell’odiosissimo termine “tormentone” – e a Beautiful, assoluta novità televisiva dell’anno, un giovane e assai capelluto Ridge tentava soltanto di riconquistare la sua Caroline, non degnando neppure di uno sguardo la povera Brooke, che allora era una paffuta ragazzotta di campagna con un fermaglione sbilenco sempre tra i capelli. Forse c’eravate anche voi, miei cari lettori, magari adolescenti e dunque impegnati nella lotta quotidiana contro i brufoli, che nessuna crema o sapone a disposizione, neanche il pubblicizzatissimo Topexan, sembrava in realtà saper fronteggiare, o forse più cresciutelli e già comunque vanitosi, alle prese con ciuffi o frange dalle altezze vertiginose da ottenere con audaci manovre di spazzole e phon a distanza ravvicinata (per “piastra”, all’epoca, si intendeva esclusivamente quella dove arrostire la carne), di sicuro non così dipendenti da computer e tecnologie varie, perché saperne di informatica significava avere a che fare con il sistema operativo MS – DOS, che, diciamolo, era un gigantesco sbattimento. C’ero naturalmente anch’io, ma data l’età irrilevante (un bambino, più o meno) e una sottile vena di anticonformismo e ribellione che in quel periodo mi contraddistingueva, feci l’errore di non cogliere la portata, forse rivoluzionaria, del film che i miei amici invece vollero andare a vedere a tutti i costi una domenica pomeriggio al cinema, giudicandolo in fretta piuttosto insulso e sdolcinato, e preferendo, complice la mia (già) sconfinata passione per Madonna, ripiegare su di un’altra (discutibile) pellicola come Dick Tracy, gustata in totale solitudine (anche in sala, dico, non c’era nessun altro!). Inutile aggiungere che poi anch’io, esattamente come voi, ho avuto negli anni milioni di occasioni per guardare e riguardare Pretty woman -  questo il film che esattamente un quarto di secolo fa (è uscito nel Marzo del 1990) ho avuto il coraggio di snobbare – fino ad impararne a memoria ogni battuta, anche la più insignificante, di ogni personaggio, per poi arrivare ad anticiparle, magari tentando di imitarne anche la voce, ricordandomi perfino gli evidenti errori di montaggio (la brioche che diventa un occhio di bue nella scena della prima colazione insieme, la cravatta di Gere che sparisce e riappare in una di quelle, castissime, di sesso). Un successo da 500 milioni di dollari al botteghino, che ha lanciato nell’olimpo cinematografico Vivian/Julia Roberts, nonostante quel vestitino bicolore di un tale cattivo gusto che nessuna prostituta per strada si sognerebbe mai davvero di indossare, e gli stivaloni di vernice lucida poi, che coprivano a stento i 90 cm di lunghezza di gambe dichiarati nello stesso film (la scena del bagno insieme, ricordate?), momento in cui ogni spettatrice pianifica di fare lo stesso a casa per scoprire che le sue misurano almeno una quindicina di cm in meno. Era soprattutto il momento storico in cui per 50 sfumature di grigio s’intendevano solo quelle dei capelli di Richard Gere/Edward, il primo miliardario a irrompere nelle fantasie sessuali del pubblico sebbene i suoi gusti a letto fossero più noiosi ed ordinari dell’attuale e celebre Mr. Grey: un personaggio volutamente romantico e irraggiungibile, privo di contraddizioni, se non quella di essere zeppo di soldi fino al collo da svaligiare un qualsiasi negozio di Rodeo Drive in tre minuti ma totalmente incapace di guidare una Lotus per più di trenta metri. Dettagli di cui oggi, forse, potremmo sorridere, o forse godere di nuovo, visto che in questi giorni le reti nazionali (che in genere non si distinguono per originalità, dato che il massimo dell’audacia è rappresentato da qualche fiction con Terence Hill) lo riproporrano per l’ennesima volta. Occasione in cui, qualcuno di voi, magari rinnegando il proprio passato di essere sentimentale e sognatore, o, autoconvicendosi del proprio fermo disinteresse, con un moto di orgoglio esclamerà “no, questa volta non ci casco” e spegnerà la tv, per uscire, forse alla volta del cinema: tanto, di sicuro, sul grande schermo, finirà per andare a vedere Cenerentola.