Ciak, si sfila!

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I codici della più raffinata eleganza targata Valentino c’erano tutti: quel calibrato contrasto fra bianco e nero, ad esempio, dosato con garbo in abiti lineari e lussuosi al tempo stesso, il gusto ricercato per un certo decorativismo grafico, sintetizzato in sottili nervature poste a percorrere le creazioni da cima a fondo. Senza parlare di quell’evidente e minuziosa opulenza dei particolari, come i preziosissimi accostamenti di lavorazioni in pizzo policromo, ribattezzate fusion lace, o l’ispirazione tratta da sontuosi modelli culturali del passato, tra cui i lavori di Emilie Louise Flöge, compagna del pittore Art Nouveau Gustav Klimt. Quella vista a Parigi negli scorsi giorni, sulle passerelle di prȇt – à – portér per il prossimo autunno/inverno è stata insomma una delle collezioni più sofisticate, riuscite, entusiasmanti, firmate dal duo creativo Maria Grazia Chiuri e Pier Paolo Piccioli, che dal 2007 ormai svolge con successo (e fatturato) crescente il difficile compito di rendere riconoscibile e più che mai attuale lo stile della storica maison. A trasformarla però nell’evento mediatico maggiormente commentato, fotografato e in parte criticato, durante l’intera settimana della moda francese, ci ha pensato il divertente colpo di scena orchestrato a sorpresa sul finale: la doppia, irresistibile, uscita ancheggiante sulla passerella di Derek Zoolander e Hansel, alias Ben Stiller e Owen Wilson, i due interpreti della celebre, dissacrante e a tratti demenziale pellicola del 2001 sul mondo della moda Zoolander (di cui Ben Stiller è anche regista, foto allegata). Che, fra gli stessi protagonisti spesso legati a doppio filo al fashion system (Milla Jovovich, ad esempio), comparsate eccellenti di reali celebrities (come Donatella Versace o Lenny Kravitz), e soprattutto le esagerazioni di una trama assurda e sconclusionata, metteva alla berlina la vanità e l’inconsistenza di certe professioni dell’ambiente, riuscendo a suo tempo a sbancare i botteghini e a trasformarsi così in un vero e proprio cult movie. E che adesso si prefigge di bissare gli incassi sensazionali di allora con un attesissimo sequel in uscita negli Stati Uniti il prossimo 16 Marzo, per cui la recente sfida a suon di sguardi ammiccanti tra gli improbabili modelli Zoolander e Hansel, vista sulla pedana di Valentino, assume tutto il sapore di un’azzeccata promozione cinematografica, di certo più efficace di quei continui pellegrinaggi tra una trasmissione tv e l’altra a cui di frequente sono sottoposti, anche in Italia, gli attori in procinto di debuttare sul grande schermo. C’è stato, ovviamente, chi ha quasi gridato allo scandalo, per il rischio concreto di offuscare e di far passare in secondo piano, il lavoro indiscutibilmente egregio ammirato in collezione; c’è stato soprattutto chi ha sottolineato la genialità della trovata, salutandola però come l’arrivo nel brand di una nuova ventata di freschezza pop, una svolta di necessaria ironia dopo una lunga parentesi serissima. E’ forse a questi ultimi che occorre invece ricordare quanto una simile, spiritosa idea possa essere ricondotta ugualmente al dna e all’immaginario di Valentino: è stato proprio lui infatti, ad interpretare spassosamente se stesso nell’altra feroce pellicola sull’universo della moda che era Il diavolo veste Prada del 2006, sempre lui a farsi inseguire giorno e notte, per anni, dalle telecamere, al fine di comparire con tutti i suoi umanissimi pregi e difetti in quell’interessante documentario autocelebrativo che è stato The Last Emperor del 2009. Sapersi prendere un po’ in giro, mettersi totalmente in gioco con la propria immagine, utilizzare con furbizia e lungimiranza il linguaggio graffiante del cinema appartiene storicamente a Valentino almeno quanto la femminilità di certe sue creazioni o il suo celebre rosso (peraltro assente questa volta). Perché nella moda tutto può sempre ritornare: perfino quel briciolo di ironia, da mettere talvolta e volentieri a disposizione delle leggi del marketing.