Cambio (di) stagione

A volte basta davvero poco, il leggero entusiasmo dell’autostima in rimonta su mille inutili tormenti, minuscole vittorie strappate ad una pigrizia fin troppo radicata, un risultato modesto ma piuttosto gratificante perché ottenuto con quella testardaggine che non ricordavi più fosse inscritta nel tuo dna. Episodi intimi e trascurabili, di nessuna importanza o quasi, eppure talvolta sufficienti a regalarti quel briciolo di soddisfazione di cui avevi però esattamente bisogno per sentirti di nuovo in grado di poter ambire a mete dapprima ritenute al di fuori della tua portata. Basta poco, dicevo, per scoprirsi rivitalizzati e apprezzati, capaci di euforici slanci di energia e a tratti quasi onnipotenti: l’aver intaccato con le tue sole forze quella situazione che sembrava ristagnare da un’eternità, una commovente e affettuosa dimostrazione di fiducia siglata da un abbraccio travolgente e inaspettato, perfino il riuscire a perdere con precisione quel tot di chili di cui volevi sbarazzarti in un mese, senza sforzi colossali e senza soprattutto il costante timore di dover salire sulla bilancia con una gamba sola, a mo’ di fenicottero. E siccome il raggiungere un qualsiasi traguardo, seppur esiguo, innesca la voglia di mettersi ancora una volta in discussione tentando di alzare sempre un po’ di più l’asticella, e dato che le lunghe e grigie giornate di autunno sono lastricate di buone intenzioni molto più delle innumerevoli strade per l’inferno, ne ho approfittato per stilare la lista dei prossimi miei obiettivi avvertiti come quasi realizzabili, senza troppe esagerazioni ma con tutta la presunzione, esistente al momento, di poterli sul serio concretizzare in questa stagione (o in questa vita, mi andrebbe bene comunque):

- tenere finalmente a bada quei disatrosi effetti dovuti a un’eccessiva emotività che mi scombina spesso la voce e la mente quando mi ritrovo a parlare in pubblico o con perfetti sconosciuti, causa di fiumi inarrestabili di frasi senza senso o di ben più gravi e spiazzanti vuoti di parole, che durano solo pochi secondi ma a che a me sembrano comunque un tempo infinto, in cui mi ritrovo a grattarmi freneticamente la testa in panne e a fissare il pavimento come se i termini che vado cercando potessero miracolosamente sbucare lì proprio davanti ai miei occhi, nell’angolo scalfito di quella piastrella dove si è arenato il mio sguardo.

- sforzarmi di apprezzare le attenzioni di un qualsiasi animale domestico, senza nascondermi dietro la scusa delle mie reali e devastanti allergie, perché studi scientifici dimostrano che chi si relaziona più spesso con cani e gatti vive più a lungo e più felicemente, perché da sempre mi scontro col pregiudizio mai superato di considerare chi si circonda di animali meno capace o desideroso di volerlo fare con i propri simili, perché Ravel, il cane della mia amica Claudia, quando mi accoglie scondizolante e smanioso di salirmi in braccio pare chiedermi ogni volta con i suoi occhioni imploranti “Mbeh? Tutto qui il tuo affetto per me?”

- riuscire finalmente ad accompagnare o anche solo convincere mia madre ad entrare tutta trionfante in quel famoso e raffinato negozio di abiti che ha da sempre amato alla follia, come è evidente dai lunghi sospiri sognanti che le sfuggono di bocca ogni volta che passiamo di fronte alle sue vetrine, per farle così provare ed acquistare un nuovo vestito rosso, perché è un colore magnifico che di sicuro le starebbe d’incanto, e perché non avrebbe mai tanto coraggio da chiedere esplicitamente un regalo del genere, che invece si meriterebbe eccome.

- insegnare qualcosa di memorabile a mia nipote Giulia, che non siano soltanto quei giochi pericolosi e sguaiati con cui di solito la intrattengo, tipo lanciarci il passeggino delle bambole o fare la lotta con i cuscini, con cui ho cercato di conquistarmi furbamente la fama dello zio più permissivo. Dovrei invece spiegarle una qualche attività utile o anche solo una parola davvero indispensabile in futuro, in modo che quando si troverà ad usarla possa pensare subito “è quella di zio Ale!”, ora soprattutto che fra le nuove insegnanti di scuola, la baby – sitter, i suoi coetanei più fantasiosi e stimolanti, il timore di essere rimpiazzato è forte.

- riuscire ad organizzare con il mio amore quel benedetto viaggio, rimandato purtroppo ormai da anni, per andare ad osservare la rotta delle balene che migrano verso Sud, perché è fra i suoi desideri più grandi, anche se io, al contrario, mi sento venir meno al solo pensiero di dovermi avvicinare ad un animale di quella stazza, e nonostante la soddisfazione della sua faccia esaltata e i racconti che andremo narrando per anni sull’episodio, già so che non potrò fare a meno di pensare in quel momento che con un colpo improvviso di coda potrebbero ucciderci entrambi. Però in autunno dicono sia la stagione migliore. Per le balene, intendo. Non per avere dei pensieri così negativi.