Saldi subito!

“Chiedo a lei?” mi domanda, senza un filo di cortesia, dopo essermi giunta in silenzio alle spalle, come in un agguato bellico, una biondissima signora più appariscente che elegante, troppo botox sul viso e troppe sigarette nella voce, entrata d’improvviso nel negozio dove mi trovavo, accompagnata a poca distanza dal marito visibilmente rassegnato, la cui espressione spenta tradiva con chiarezza il desiderio di essere ovunque, tranne che lì. “No, mi spiace”, replico io un po’ imbarazzato, cercando nel frattempo con gli occhi la commessa che avevo intravisto poco prima e che forse era riuscita miracolosamente a squagliarsela o a svanire nel nulla a dispetto di tutto l’inferno di persone là intorno, “non lavoro qua”. “Ma se stava piegando tutte quelle magliette!” incalza di nuovo la tenace signora, direi poco convinta dalla mia risposta, tentando inoltre l’epica impresa di aggrottare la fronte senza però piegare alcun muscolo facciale (“a me sarebbe già sbucato un solco profondo come un canyon”, pensai), e congedandosi subito dopo con un “bah” di stupore, ancora in preda però ai suoi legittimi dubbi, tutt’altro che placati dal mio fiacco “Ehm, si lo so…ma vede, ce l’ho di vizio”. Il fatto, più drammatico che buffo se vogliamo, è che davvero, tra le mie mille stramberie e pulsioni maniacali, annovero anche una sorta di intolleranza visiva agli oggetti ammassati alla rinfusa o temporaneamente vacanti dal proprio posto, e così, per placare quest’illogica, sgradevole, sensazione e forse bilanciare il mio assiduo disordine interiore, provo almeno ad arginare come posso quello esteriore, riposizionando nel modo giusto tutto ciò che mi sembra finito fuori da un più naturale e prestabilito schema. Ed è ciò che mi succede ad esempio al supermercato, quando abbandono il mio amore in fila al banco della gastronomia, sotto il suo sguardo comprensibilmente sgomento, per andare a riallineare quei cinque o sei flaconi di detersivo rimasti secondo me troppo indietro o per riportare di nuovo accanto ai suoi simili quella povera confezione di patatine abbandonata sullo scaffale sbagliato. Inutile aggiungere come anche tra le mura di casa lo stesso bislacco e rigido sistema venga dal sottoscritto applicato indifferentemente ad oggetti di ogni tipo, piatti, bottiglie, saponi per il bagno, libri (rigorosamente divisi tra l’altro per argomento e altezza su diverse mensole), camicie e t-shirt (radunate invece per modello e colore), decine di calzini e biancheria intima, perfino lenzuola ed asciugamani. Pensate quindi che cosa significhi per la mia testa stramba doversi aggirare nell’insostenibile caos di milioni di capi spostati e maltrattati da orde di acquirenti che assaltano i negozi di abbigliamento durante i saldi: un’infinita, continua, martellante tortura.

Se a tutto questo si aggiunge inoltre la mia più totale e pressoché inspiegabile indifferenza al piacere personale dello shopping, a dispetto dei quasi 15 anni professionali spesi ad occuparmi esclusivamente di moda in varie redazioni, showroom, scuole e musei, vi sarà forse più chiaro quanto mi atterrisca e mi getti nello sconforto l’urgente necessità di rinnovare il mio guardaroba a causa di un lieve (e sottolineo lieve) ingrassamento e di una serie di appuntamenti più o meno eleganti e mondani in programma. Perché, per quanto mi diverta e mi mandi in fibrillazione l’ipotesi di andare in cerca dell’abito o dell’accessorio più adatto per qualche parente, collega, amico/a da accompagnare nei suoi acquisti e da sommergere di consigli e di dritte in materia, quando si tratta della mia stessa pelle perdo invece di smalto e di obiettività. Dover scovare, provare, comprare vestiti è in altre parole la mia sola, annichilente kryptonite: difficilmente mi vedo qualcosa bene addosso, m’innamoro di capi che una volta in camerino si trasformano in drammatici sbagli o profonde umiliazioni, di rado azzardo qualche follia (di cui poi mi pento all’istante), più spesso mi irrito dopo pochi minuti e finisco sempre per portarmi a casa i soliti modelli, i soliti colori, la solita, ennesima, inutile, camicia bianca (ne ho una collezione paragonabile solo a quella di Renzi). E sarebbe finita di sicuro nello stesso modo anche stavolta se non mi fosse arrivata quel giorno in soccorso tutta l’incontenibile energia ed esuberanza di Giancarlo. Se il mio amore si decidesse finalmente a coronare la nostra felice e ventennale storia con un’inarrivabile seppur gradita proposta di nozze (e dopo i dettagli sulla mia psiche narrati in questo come in altri post capite perché non lo faccia) Giancarlo diventerebbe tecnicamente mio cognato. Per adesso si limita invece a istruirmi, piuttosto invano in realtà, su quel mondo a me ostile e sconosciuto dello sport, della salute e della forma fisica: è solo grazie a lui che ho scoperto l’esistenza, altrimenti ignorata, delle proteine spray sublinguali, degli antiossidanti naturali come la bacche di Goji (dal gusto terribile, non le provate), di tutta una serie di massacranti ma efficaci espedienti domestici per tonificare muscoli e perdere peso. Ma è soprattutto un vero fuoriclasse dell’acquisto in saldo, un maratoneta dello shopping estremo: è con lui che ho rastrellato interi reparti di negozi a cui da solo non mi sarei mai neanche avvicinato, è merito suo se sono finalmente riuscito a sperimentare su di me tagli, tinte o fantasie che non indosserei mai nemmeno se mi trovassi dall’altra parte del pianeta al riparo dai commenti ipercritici di amici e conoscenti. Mostrandomi alla fine il lato più scanzonato e divertente nel trascorrere ore e ore di shopping: anche se neanche lui ha saputo però farmi desistere dal comprare un altro paio di semplici, classici, banali pantaloni blu.

Post in saldo

In estate succede più o meno la stessa cosa con il gelato: fai zapping in tv da un canale all’altro, oppure sfogli indifferentemente il giornale del tuo supermercato che ti arriva per corrispondenza (e che di solito cestini senza nemmeno guardare la copertina) o il tuo settimanale preferito che acquisti ogni sabato da decenni, ed ecco lì sbucarti, come se ti stesse aspettando, l’originalissimo articolo sulla storia del gelato, sulle sue proprietà benefiche e rinfrescanti e sull’irrilevanza delle sue calorie. Con i saldi accade qualcosa di simile: due volte l’anno, con una precisione che definire svizzera è poco, qualche giorno prima del via alle svendite che scateneranno orde di fashion – victims in tutto il Paese, ogni tg, sito od opuscolo più insignificante rispolvera l’immancabile guida di consigli all’acquisto perfetto, infarcita di decaloghi pressoché immutati dal 1984. Per carità, utilissima per conoscere con esattezza le date d’inizio dei saldi nelle diverse regioni italiane (http://www.corriere.it/economia/12_dicembre_27/calendario-saldi-stilato-da-confesercenti_f6357d44-505b-11e2-a2f4-57facfb76e8a.shtml), soprattutto poi nel caso abbiate appositamente preventivato una o più giornata di shopping al di là dei vostri consueti e battuti confini cittadini o territoriali. Ma che niente di più aggiunge a ciò che l’esperienza in materia e un minimo di buonsenso ci suggeriscono con altrettanto scrupolo: ad esempio “conservate sempre lo scontrino” (ma dai? niente aeroplanino di carta all’uscita del negozio?), “diffidate dagli sconti superiori al 50%” (eppure quelle scarpe al 95% sembravano proprio un affare), e via dicendo. Non manca ovviamente il solito “fatevi un giro prima per le vetrine per verificare il prezzo effettivo” (ditemi: lo fate davvero? cioè, vi armate di taccuino in cui segnate il costo di ciò che vi piacerebbe comprare e che ritirate fuori per bacchettare l’eventuale commerciante truffaldino?) e il più fantasioso “investite in capi che difficilmente passeranno di moda”, (che equivale a dire ”prendetevi l’ennesimo tubino nero da lasciare ammuffire nell’armadio!”). L’unico dato a cambiare sensibilmente, in picchiata dal 2009, è la stima della cifra che ogni famiglia avrà a disposizione per i propri acquisti in saldo e che quest’anno equivale a circa 224 euro: che, se siete faticosamente riusciti a risparmiare nei mesi precedenti, spendete come più vi pare, anche in abiti e accessori oggettivamente inutili, senza dar troppo ascolto a guide o consigli riciclati, compresi quelli del sottoscritto.