Lady Gagarin

Gaga Tests Flying Dress – YouTube.

Probabilmente sarò l’unico, ma io me la immagino da sempre sgusciare frettolosamente a casa, dopo ogni impegno, per abbandonarsi al lusso – tipico di molte donne che per lavoro/desiderio/masochismo mantengono però in pubblico, sin dalle 6 del mattino, un aspetto a dir poco impeccabile – di lasciarsi finalmente andare al piacere di un orrendo pigiamone di pile o di peluche rosa confetto, di quelli un po’ usurati dal tempo, tutto interamente ricamato con teneri orsetti, cuoricini, sdolcinate scritte di strass del tipo “Good night sweetie” e robaccia simile. Mi sembra quasi di vederla rannicchiata sul suo divano, ai piedi due enormi babbucce pelose a forma di gatto o di Hello Kitty, il viso del tutto struccato, gli occhialoni spessi da vista (di quelli che ogni miope custodisce gelosamente nel proprio cassetto e con cui non si mostrerebbe mai ad anima viva), i cappelli raccolti da una matita masticata in uno chignon sbilenco, e lì lentamente gustarsi, tra relax e sciatteria, il meritato momento di insulsa normalità. Perché pensateci bene: essere Lady Gaga, alla fine, deve essere una grande, immane, mostruosa, fatica. Non di quelle reali, per carità – tipo gestire gli orari di lavoro, le follie dei familiari, l’assottigliarsi dello stipendio – a cui siamo invece abituati soprattutto noialtri comuni mortali, che possiamo però permetterci ancora di uscire in giro con qualche brufolo, occhiaia, pelo superfluo in più, tanto chi se ne accorgerebbe mai, neppure il salumiere sotto casa, per dire. Il lato difficile, diciamo così, dell’esistenza di Miss Germanotta (vero cognome e forse tormento della nostra cantante) potrebbe essere però davvero il rischio di trasformare in una nevrosi logorante, in un pensiero ossessivo, in un’estenuante, e non sempre fruttuosa, ricerca, quella che da qualche anno è la sua più riconoscibile cifra stilistica: la volontà di arrivare a stupire continuamente il suo pubblico, ad ogni apparizione, con la scelta di un look eccessivo, esasperato, travolgente come uno tsunami.

“E stavolta che m’invento?” potrebbe verosimilmente chiedere la popstar, con tutta la comprensibilissima ansia del caso, ogni mattina al proprio laborioso staff, già responsabile (o meglio colpevole) di averla ricoperta, solo per citare i casi più recenti, di pizzo avviluppato sul suo corpo come edera, di parrucche architettoniche, di macabri tatuaggi, di protesi occipitali e dentarie, di enormi bistecche simili a quelle di brontosauro che abbiamo visto solo nei cartoni dei Flinstones. Di averla poi rinchiusa in inquietanti bozzoli e disgustose armature da alieno, di averla fatta travestire da ragazzaccio di quartiere, da suora punk, da galeotta borchiata, da serigrafia di Warhol (i colori almeno erano quelli), arrivando in pratica a sondare tutto un immaginario estetico impossibile da raggiungere anche sommando tutti i nostri passati carnevali fatti di maschere altrettanto surreali. Ed ecco allora il colpo di genio: sto esaurendo in una sola carriera tutte le possibilità espressive offerte da questo mondo? E io mi rivolgo all’intero universo: risale infatti soltanto alla settimana scorsa la notizia, confermata dalla stessa Gaga in uno suo seguitissimo tweet, che l’artista parteciperà nel 2015 allo Zero G Colony (http://www.zerogcolony.com/) il primo festival musicale ideato in totale assenza di gravità, in programma appunto allo Spacesport America, costruzione futuribile sorta nel deserto del New Mexico. Secondo indiscrezioni alla cantante verrà affidato l’evento conclusivo dei tre giorni di kermesse, forse un’esibizione “fluttuante”, da tenere a bordo di una navicella spaziale o in qualche altra immaginifica struttura, allestita per l’occasione nell’avveniristico spazioporto finanziato dal magnate della Virgin Richard Branson. E per non farsi cogliere impreparata all’evento Lady Gaga, solo ieri a New York, durante il lancio mondiale del suo nuovo album, Artpop, sembra aver affrontato le prove generali della tanto attesa performance: testando il prototipo di un “abito volante” (ribattezzato appunto, con un evidente sforzo di fantasia, Volantis) (video allegato), una sorta di elicottero indossabile in cui ha goffamente e coraggiosamente galleggiato in aria per alcuni metri. Certo, rispetto all’intelaiatura possente del mezzo,  l’effetto finale di balzello a singhiozzo è stato un po’ deludente: confidiamo allora nei futuri due anni di duro allenamento che attendono l’artista, o, perché no, nella progettazione di una nuova e più efficiente macchina volante. O meglio ancora, nell’arrivo di un altro cantante che giunga a conquistarci, semplicemente, senza tanti sforzi rocamboleschi, con la sua sola voce.