Farsi Furby?

▶ Furby – Official Demo by Hasbro – YouTube.

Evidentemente qualcuno ne sentiva la mancanza. Io, in tutta sincerità, ne ricordavo a stento l’esistenza. Tra l’altro, non l’ho mai trovato neppure troppo simpatico: nonostante il corpicino tondeggiante quasi per intero ricoperto da batuffoli di peli coloratissimi, non mi ha mai suscitato la benché minima tenerezza, né lo descriverei esattamente come un pupazzetto buffo o grazioso. Anzi, direi che l’aggettivo che più gli si addice è inquietante, forse a causa di quella sua vaga somiglianza con i Gremlins, i terribili animaletti protagonisti dell’omonimo film del 1984, che bisognava guardarsi dal bagnare o sfamare dopo la mezzanotte, pena trasformarsi in odiosi mostriciattoli, colpevoli peraltro di aver traumatizzato molte infanzie, a cominciare dalla mia. Ma, parafrasando Oscar Wilde, che sosteneva di sentirsi in torto quando trovava qualcun altro d’accordo con le proprie idee, sono felice che la mia voce si levi quasi isolata contro il successo che sta riscuotendo, a 15 anni di distanza dalla sua prima uscita, Furby, l’electronic pet, (cioè la bestiolina domestica artificiale) della Hasbro “più venduto al mondo” (così pare). Un giocattolone interattivo, per bambini e non solo, che nella sua nuova versione, lanciata sul mercato pochi mesi fa, ha già piazzato circa 5 milioni di esemplari in tutto il mondo, che si vanno ad aggiungere agli oltre 40 già disseminati sul pianeta dal 1998. Una vera e propria (e discutibile?) invasione. Motivata dalle formidabili qualità possedute dall’edizione riveduta e aggiornata del nostro pupazzetto intelligente (video allegato), a cominciare da un accurato restyling nell’aspetto, che l’ha letteralmente privato di quel paio di occhioni pallati, da ipertiroideo, che gli donavano uno sguardo vitreo, un po’ alla Mara Carfagna, stavolta degnamente sostituiti da due piccoli display retroattivi a Led schiaffati al posto delle pupille. Più interessante notare, come se non fossimo già abbastanza schiavi di tanta inutile tecnologia, che il tenero cuccioletto è in grado di sviluppare una propria, più o meno antipatica, personalità, sulla base delle attenzioni ricevute; vale a dire, che se non adeguatamente nutrito, coccolato, viziato, vi ritroverete tra le mani una creaturina per la quale avrete speso 75 euro (prezzo medio al pubblico), che proprio non ne vuole sapere di obbedirvi o di darvi le tanto affettuose risposte che desiderate. Sempre che non abbiate l’incontenibile voglia di imparare il furbish, la lingua composta da centinaia di misteriosi grugniti e borbottii, un mix di cinese, antico ebraico ed inglese con la quale, anche nei momenti meno opportuni (la notte, ad esempio) l’animaletto robotico tende ad esprimersi. Certo, è anche in grado di apprendere l’italiano: può infatti arrivare a ripetere fino a 800 frasi di qualsiasi altra lingua, che gli vanno dapprima, naturalmente ed amorevolmente, insegnate. Uno stress, insomma. Però, tutti coloro che sono già corsi con tempismo e avvedutezza ad acquistarlo (come biasimarli) sono concordi nel garantire e sottolineare la sua maggiore naturalezza di movenze e comportamenti, grazie anche all’esistenza di una specifica app per IPhone, IPad e Android tramite la quale diventa possibile nutrirlo, addestrarlo, addormentarlo. Prerogativa di cui molte celebrities, per nulla avvezze a comparire negli spot prima di adesso, hanno deciso di metterci finalmente la faccia per confermarne qualità e divertimento. Tra queste vale la pena di ricordare: Federica Pellegrini (già testimonial in passato di Pavesini ed Enel) Filippa Lagerback (Daygum Protex) Melissa Satta (Peugeot 207 Sweet Years) Alessia Marcuzzi (Activia di Danone). E se non riescono a convincervi neanche loro, di certo a poco serviranno i miei post così carichi di sincero apprezzamento.