Ballo ballo

▶ Kevin Bacon’s Footloose Entrance – YouTube.

Se avete affrontato anche voi quel delicato, avventuroso ed indimenticabile passo che separa l’infanzia dall’adolescenza, nei lontani anni ’80 (vado ovviamente per ipotesi, sapete bene che, per motivi anagrafici, la mia memoria non potrebbe arrivare sin là), la vostra crescita sarà stata di sicuro turbata dall’esistenza di capi d’abbigliamento o di accessori oggi fortunatamente estinti (o quasi). I piumini dai colori fluorescenti, gonfi come dirigibili, ad esempio, una sorta di necessaria uniforme giovanile diffusa anche in luoghi dalle temperature non esattamente artiche, oppure quei terribili mollettoni per capelli ornati con grandi margherite o gerbere posticce, per non parlare delle antiestetiche e (purtroppo) usatissime spalline rimovibili in gommapiuma con striscia adesiva in velcro. Se all’epoca inoltre eravate ragazzini/e rompiscatole con l’ambizioso e deleterio sogno di un futuro nella danza, avrete quasi per certo pregato in ginocchio i vostri genitori perché vi acquistassero il vostro primo, inutile, paio di scaldamuscoli di lana, avrete rischiato più volte di compromettere gravamente qualche tendine nel tentativo di tirare su una gamba o di esibirvi in una spaccata degna di Heather Parisi, conoscevate infine Janet Jackson non tanto perché sorella minore del ben più famoso Michael ma soprattutto per il suo (superfluo) ruolo di Cleo nella fortunata serie tv Saranno Famosi. E chiaramente approfittavate dello spettacolo domenicale pomeridiano al cinema (il vostro coprifuoco scattava rigorosamente alle 18.30, di uscire la sera non se ne parlava ancora) per abbandonarvi, tra estasi adolescenziale e acerbi desideri di gloria, alla visione di una qualsiasi pellicola di quello sfruttatissimo filone musicale-romantico-ballereccio che, da Flashdance (1983) in poi, fino a Dirty dancing (1987), arrivò a sfornare almeno altri tre, quattro film, a stagione, pochi dei quali, a dire il vero, così altrettanto memorabili o anche solo guardabili. Eccezione naturalmente fatta per quel semi – inspiegabile caso di successo rappresentato da Footloose (1984). Che, a dispetto di un’indifendibile insulsaggine di trama (il paesino di provincia americana che mette fuori legge il ballo, causando la legittima ribellione del protagonista giunto da Chicago), di una sceneggiatura banalotta e priva di guizzi (“c’è un tempo per ogni cosa sotto il cielo” la battuta più celebre, così sciatta in confronto a “nessuno può mettere baby in un angolo”), di pesanti (e comprensibili) stroncature da parte della critica, giunse invece a incassare oltre 80 milioni di dollari. Consacrando così Kevin Bacon al rango di nuovo e ambitissimo idolo delle (ormai più che adulte) teen-ager, nonostante la sua bellezza quasi anticonvenzionale, forte di una vaga somiglianza con Giorgio Armani in quel naso che finisce troppo presto scoprendo un labbro superiore troppo sottile. Oggi, a 30 anni esatti dall’uscita del film, che segnò anche il debutto cinematografico di un’allora bruna e sconosciuta (ancora per lungo tempo) Sarah Jessica Parker, è lo stesso Kevin Bacon, adesso 55enne dall’invidiabile forma fisica e dalla rispettabilissima carriera nel grande schermo (JFK, Codice d’onore, Apollo 13, Mystic River) a citare (e dunque a citarsi in) una delle scene più celebre di Footloose, quella appunto di un balletto eseguito al riparo dagli occhi di tutti. Riproposto “paro paro”, anche negli abiti, seppur con la giusta e necessaria dose di autoironia, all’interno del Tonight show di Jimmy Fallon, (video allegato), uno degli innumerevoli talk-show a stelle strisce capitanati da un conduttore/comico/cinico che intervista milioni di star sullo sfondo di una, sempre identica, visione notturna di New York. A fare la differenza, questa volta, la dimensione umor – nostalgica della coreografia di Bacon (evidentemente sostituito, nei passaggi più acrobatici, da un’atletica controfigura) che ha già ottenuto in pochi giorni quasi 7 milioni di visualizzazioni sul web, segnale che giocarsi con furbizia la carta del revival, in tv, vale ovunque. Lo sa bene chi, ad esempio, in Italia segue puntualmente The Voice sperando ogni volta in un’esibizione sfacciatamente kitsch della Carrà sulle note di Fiesta o Rumore. Ma, esattamente come chiarito all’inizio di questo post, anche stavolta non sto certo parlando di me.