Lunga vita (virtuale) al Re!

Michael Jackson – Slave To The Rhythm – YouTube.

C’è chi lo negherà fino alla morte (perché, per quanto negli anni ti possa faticosamente esser riuscito di conquistare l’opinione di persona assai figa, per retrocedere all’infimo gradino di esemplare ridicolo basta invece un attimo) ma sfido a scovare anche un solo trenta/quarantenne degli attuali anni ’10 del terzo millennio che, due o più decenni or sono, non c’abbia provato almeno una volta. Magari allenandosi di continuo allo specchio nella blindata solitudine della propria cameretta, o forse fornendo un saggio discutibile delle proprie abilità danzerecce, spronato da quella scioltezza e dalla caratteristica faccia di bronzo che un qualsiasi pessimo vino, scolato senza freni in una qualsiasi festa casalinga, può regalare anche al più legnoso, restìo o timoroso dei ballerini. Di sicuro consumando prematuramente e in maniera sbilenca quella scomoda suola rasoterra, prerogativa di una certa marca di scarpe da tennis (perché sneakers è un termine fin troppo moderno, mentre gli attuali, coloratissimi e iperstrutturati modelli con ammortizzatori non sono proprio adatti allo scopo), oppure riuscendo a bucare sempre nello stesso punto centinaia di paia di calzettoni, perché in effetti, senza scarpe, cimentarsi in quel lento scivolare all’indietro sul pavimento poteva sembrare, almeno all’inizio, di una facilità impressionante. Per farla breve (che, diciamolo, non è proprio il mio forte) bastava accennare, anche in maniera scomposta, due passi, seppur incerti, del celebre moonwalk e ti pareva quasi di essere investito e in parte toccato da quell’unicità di grazia e dallo smisurato talento del solo, indiscusso e impareggiabile Re del Pop, Michael Jackson. E per quanto, all’epoca, potevate invece appartenere alla già esistente e altrettanto scatenata fazione dei madonnari convinti (nel senso di fan sfegatati, tutti pizzi e crocifissi, di Miss Ciccone, non di artisti da gessetti di strada) vi sarà comunque impossibile non riuscire ad ammettere il vostro debito di riconoscenza verso sua maestà Jackson. Colui che ha contribuito, soprattutto, a fissare nella vostra memoria di italiano così allergico alle lingue straniere quei cinque, sei, termini di inglese basico (tipo bad, dangerous, beat, o black e white) facilmente spendibili anche nella conversazione più improvvisata o spicciola, oltre naturalmente a quei sensuali movimenti pelvici che almeno in una circostanza (una di sicuro) vi saranno tornati piuttosto utili. Insomma, tutti coloro che ricordano a menadito le coreografie di Billie Jean o Smooth Criminal, che sono rimasti come ipnotizzati di fronte al fasto di videoclip come Remember the time o Scream, talvolta più lunghi e costosi di un’intera soap opera nostrana, che hanno assistito, sgomenti, alla radicale trasformazione di King Michael, causa delirio da eccesso di miliardi e di chirurgia plastica, da gradevole esemplare maschile di colore a femminea ed eburnea creatura priva di naso, che sono infine rimasti spiazzati e in qualche modo addolorati, cinque anni fa, dalla sua precoce e mai del tutto chiarita scomparsa, potranno in parte gioire questi giorni per il suo singolare ritorno sulle scene. Non tanto sul piano musicale, con l’uscita dell’album postumo Xscape, che, come già avvenuto per decine di artisti amatissimi e improvvisamente mancati, fa leva sulla pratica del necro-business sfruttando qualche traccia scartata nel confezionare lavori precedenti, magari arricchita di un qualche duetto con un cantante adesso in auge, così, tanto per darle una rapida ed orecchiabile svecchiata. Quanto quello avvenuto su un palcoscenico vero e proprio, sabato scorso a Las Vegas, in occasione dei Billborad Awards 2014, grazie a un sofisticato e studiatissimo ologramma virtuale che ha dato, per una notte, l’illusione di una sua coinvolgente performance in perfetto vecchio stile (video allegato). Che, nonostante la sincronizzazione non proprio perfetta con il corpo di ballo (vero e) presente e i mai superati difetti insiti nelle, ormai usatissime, ricostruzioni al computer, come una certa piattezza di ombre e l’inconsistenza materica dei corpi che sembrano galleggiare nello spazio, ha riportato sotto i riflettori le sue indimenticabili ed imitatissime movenze come la sua ineguagliabile bravura. Solleticando allo stesso tempo tutti i numerosi ricordi, la stima e la nostalgia dei suoi tanti sudditi ancora affascinati dalle capacità di un sovrano mai del tutto rimpiazzato.