Post-upendo!

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E’ bene sottolinearlo subito, questa volta si tratta di un post autopromozionale. In maniera diretta, esplicita, oserei dire sfacciata, mi servirò insindacabilmente del mio blog per affrontare e pubblicizzare il mio lavoro. Le ragioni mi paiono chiare: qui sopra decido io, senza possibilità di appello, ed essere liberi di scrivere scemenze, di sfogarsi, di sparire per giorni senza dover rendere conto a nessuno (se non ai soliti dodici miei lettori che lamentano le mie brevi fughe), digitare eventualmente parole senza senso tipo “qwertyuiop”, rimane di certo uno dei lati più divertenti del possedere un proprio spazio on-line. L’altro, e forse più importante motivo, è che amo profondamente quel che faccio: ho scelto di assecondare una passione dirompente, di lanciarmi in una professione straordinaria e insicura, in ambienti talvolta ostili, disorganizzati, aridi di opportunità e di solide prospettive per il futuro. Ma rimango uno storico del costume: risposta che quando fornisco a chi mi domanda “e tu, di cosa ti occupi?” suscita spesso facce perplesse, angoli della bocca ripiegati in modalità dubbiosa, espressioni tra il risibile e il compassionevole. Quindi, tanto per chiarire, sono un modesto e squattrinato esperto di abiti e di moda (precisazione che aggiungo sempre alla risposta di cui sopra…la parola “moda” intendo, non le delucidazioni sul mio conto perennemente in rosso): lavoro che affianco necessariamente ad altri impegni o collaborazioni, perché non rientro di certo tra le figure più richieste in questo paese, perché in pieno terzo millennio vivere di “vecchi stracci” da studiare è arduo, perché alla fine non rinuncio neanche a mettermi in discussione e ad affrontare nuovi o diversi settori. Ma quando mi si presenta finalmente l’opportunità di misurarmi nel campo che più di ogni altro avverto come mio, ne ricevo un’iniezione di pura vitalità che mi ricarica per lungo tempo, che mi ripaga delle mille difficoltà e delle spiacevoli, inevitabili delusioni, e che non penso alla fine di essere mai riuscito a saper trovare altrove. Fortunatamente, da ben cinque anni, collaboro con la Galleria del Costume di Palazzo Pitti a Firenze, unica istituzione museale nazionale deputata ad illustrare la storia della moda dal passato sino ai nostri giorni: il capitolo seguente sarà perciò il resoconto della sua ultima, imperdibile, mostra.

Ci sono voluti ben due anni di riunioni interminabili, di scambi di e.mail al vetriolo o di lunghe telefonate di sostegno tra tutta l’equipe, di intere giornate trascorse nei depositi del museo a valutare, misurare, analizzare le creazioni ritenute più adatte all’esposizione, il tutto coordinato dall’infaticabile talento della direttrice Caterina Chiarelli. Il risultato è la nuova e coinvolgente selezione espositiva Donne protagoniste del ’900, inaugurata lo scorso 12 Novembre e che rimarrà ad impreziosire le sale della Galleria per i prossimi due anni, secondo l’appurato criterio che un abito non possa rimanere al pubblico per lungo tempo, pena subire uno stress fisico tale da comprometterne la conservazione. La sfida rimane perciò ogni volta quella di assecondare la particolare natura dinamica del museo stesso, che avvalendosi della continua rotazione di opere e manufatti da esporre rimane un unicum nel suo panorama, e di riuscire inoltre a legare i singoli abiti, in base ad un principio già adottato nelle ultime mostre, da un tema comune che si snodi lungo tutto il percorso. Questa volta il fil rouge si tinge quindi di rosa, perché volto ad illustrare l’intero universo femminile degli ultimi due secoli, mettendo in scena le creazioni e il guardaroba di donne che si sono distinte nei più diversi settori, assegnando ogni volta alla moda un ruolo di spicco nella propria vita. Ci sono dunque volti noti dello spettacolo, come Patty Pravo, visibilmente emozionata e lusingata il giorno dell’anteprima, che ha deciso di donare alla Galleria alcuni suoi abiti storici indossati a Sanremo, come il celebre kimono in maglia di metallo creato da Gianni Versace nel 1984 (foto allegata), appositamente collocato sulla sommità di una lunga scala che ricorda proprio quella del festival canoro. Ci sono, per la prima volta orgogliosamente esposti in un museo statale, le raffinate e stravaganti creazioni di Anna Piaggi, la più eccentrica e colta giornalista di moda, scomparsa di recente, che nella sua straordinaria carriera di musa e amica dei più importanti stilisti ha collezionato pezzi rarissimi come manti e mise di primo ’900 firmati Poiret, Gallenga, Schiaparelli. Ci sono i semplicissimi ed emozionanti abiti privati di Eleonora Duse, attributi all’artista spagnolo Mariano Fortuny e risalenti al breve periodo di lontananza dalle scene dell’attrice. E ancora i pregiati e rappresentativi vestiti di Cecilia Mattuecci Lavarini, annoverata tra le più importanti collezioniste mondiali di haute couture, di Rosa Genoni, prima creatrice nazionale ad introdurre nel secolo scorso il concetto di Made in Italy, i ricercati e divertenti bijoux di Angela Caputi. E molte altre superbe e spettacolari creazioni, che non vi svelo, sicuro che vogliate accorrere ad apprezzarle di persona.