Il senso di Milla per l’arte

Milla Jovovich performer alla Biennale di Venezia – YouTube.

Che sia bella, anzi bellissima, eclettica e trasformista, e soprattutto infaticabile, ormai è appurato da tempo. Ad appena 37 anni (che sono pochini, vero?) Milla Jovovich, supermodella da svariate copertine, attrice camaleontica per kolossal e film indie, ex – frontwoman in un gruppo rock, ex moglie del regista francese Luc Besson e attuale coniuge di un altro regista, il britannico Paul William Christian Anderson (quando si dice essere recidivi) si è misurata con una tale facilità, nella sua lunga e variegata carriera, nei più diversi settori, che un essere umano qualsiasi collezionerebbe forse simili traguardi in sette diverse esistenze. Del resto, per una che appena undicenne, quando le sue compagne di scuola passavano ancora i pomeriggi a pettinare le Barbie, già posava dietro l’obiettivo di un fotografo sofisticato come Richard Avedon, artefice della sua scoperta, e poco dopo veniva chiamata a raccogliere l’eredità di un’altra bambina prodigio del grande schermo, Brooke Shields, diventando la protagonista di Ritorno alla laguna blu – sequel di quel Laguna Blu che, a dispetto dell’evidente insulsaggine di trama, è diventato un film cult del cinema anni ’80 – c’era da aspettarselo. Da allora, in circa due decenni, Milla ha difatti prestato il volto (ma soprattutto il corpo), rispettivamente, prima all’enigmatica Leloo del fantascientifico Il quinto elemento, poi alla visionaria Giovanna d’Arco nell’omonima pellicola – lavori diretti entrambi dall’ex marito Besson – e ancora, ha incarnato per ben tre volte, in tutti i capitoli della saga, la spietata Alice, l’eroina di Resident Evil, film ispirato al conosciutissimo videogame. Nel frattempo, tra un set e l’altro, ha firmato contratti milionari divenendo testimonial per celebri brand di moda e case cosmetiche (come Dior, tanto per buttarvi lì un primo nome), ha percorso chilometri di sfilate e di red carpet (ma mai con addosso lo stesso abito per due volte), ha posato per un calendario (e chi non lo ha fatto?) ha lanciato perfino un suo marchio di abbigliamento (esperienza che non si nega a nessuno, fosse anche Valeria Marini). E se pensate che a questo punto le manchi solo un’incursione nel mondo dell’arte, vi sbagliate di grosso: proprio pochi giorni fa, in occasione della 55esima Biennale di Venezia, Milla è stata la protagonista della singolare performance Future/Perfect, (video allegato) installazione vivente dell’artista statunitense Tara Subkroff. La quale, speriamo non motivata da una comprensibilissima invidia tutta femminile, ha pensato bene di rinchiudere per qualche ora la nostra attrice in un’enorme scatolona abitabile di plexiglass, che veniva riempita, poco alla volta, da pacchi, sempre più ingombranti, di acquisti online. Un’opera, che nelle intenzioni, avrebbe dovuto spingere alla riflessione sulla realtà frenetica del consumismo su internet e sull’inutilità di accumulo degli oggetti superflui (così pare), ma che ha finito per soddisfare la curiosità dei presenti, accorsi per vedere la bella Milla alle prese con taglierino e cartoni. L’ennesima prova che solleticare l’istinto voyeuristico degli spettatori, meccanismo alla base del discutibile successo di Grande Fratello & simili, funziona ancora, così come l’ingabbiare qualcuno, per divertimento o provocazione, in uno spazio trasparente, alla mercé degli sguardi altrui. Operazione che in realtà, qui da noi, ha già fatto il suo tempo e soprattutto i suoi danni: ricordate la valletta chiusa sotto il tavolo in una trasmissione tv di qualche anno fa? Era Flavia Vento: la cui completa inutilità, da allora, continuiamo a sopportare.